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museumMuseo della Vita contadina Diogene Penzi

Il Museo Provinciale della Vita Contadina “Diogene Penzi” nasce dal desiderio di salvaguardare le testimonianze della civiltà rurale del passato, in particolare della zona del Friuli Occidentale, recuperandone e tramandandone la memoria. Le raccolte si articolano in molteplici sedi, ognuna dedicata a ricostruire un aspetto particolare della civiltà contadina friulana.
Sede principale del Museo Provinciale della Vita Contadina è Palazzo Altan a San Vito al Tagliamento dove si trova il Museo “Diogene Penzi” intitolato all'etnografo e studioso di storia locale che ha fondato e diretto il museo stesso, inaugurato nel 1997. La collezione consta di oggetti provenienti dalle zone di pianura e montagna del Friuli Occidentale, risalenti a un periodo compreso tra il 1850 ed il 1950 circa. Oltremodo interessante risulta la ricostruzione di ambienti fra cui la Cucina con il Cjavedal, la Camera degli sposi e ambienti di lavoro dedicati a varie attività legate al mondo dei campi.
All'interno di Palazzo Polcenigo Fanna, sede del Municipio di Cavasso Nuovo, la sezione Lavoro ed emigrazione del Museo Provinciale della Vita contadina ripercorre l'epopea delle secolari migrazioni che hanno interessato il Friuli occidentale verso ogni parte del mondo, partendo dalla vicenda degli ambulanti di inizio Cinquecento fino alla contemporaneità, contrassegnata anche dal rientro di numerosi emigranti.
Il Museo dell'Arte fabbrile e delle coltellerie di Maniago si propone di alimentare il senso di identità collettiva ripercorrendo la storia dei coltellinai, uno dei simboli più importanti della comunità locale. Il percorso rivisita gli antichi saperi fino alle tecniche moderne di lavorazione del ferro per la creazione di strumenti da taglio e utensili affini.

Museo della Vita contadina Diogene Penzi

room
Indirizzo
Via Antonio Altan, 86 - San Vito al Tagliamento (PN)
info
Descrizione
ORARI:
dal mercoledì al venerdì dalle 9.30 alle 13
sabato e domenica dalle 10 alle 18
Chiuso lunedì e martedì
INGRESSO GRATUITO

APERTURE STRAORDINARIE
Martedì 25 aprile dalle 10 alle 18
Lunedì 1° maggio dalle 10 alle 18
Venerdì 2 giugno dalle 10 alle 18

DAL 1° APRILE 2022, PER ACCEDERE A MUSEI, PARCHI ARCHEOLOGICI, MOSTRE, ARCHIVI, BIBLIOTECHE E ALTRI LUOGHI DELLA CULTURA NON SARÀ PIÙ NECESSARIO IL GREEN PASS RAFFORZATO, NÉ QUELLO BASE. L'USO DELLA MASCHERINA E' CONSIGLIATO.

Per informazioni e prenotazioni:
@: didatticamusei.erpac@regione.fvg.it
Tel.: +39 348 1304726

Nato dalla febbrile e instancabile attività collezionistica di Diogene Penzi, insegnante, preside ed etnologo di vaglia, il museo a lui dedicato è allestito in una delle barchesse di Palazzo Tullio Altan, dimora gentilizia tra le più illustri del territorio sanvitese. Il complesso si fregia anche di un giardino all’italiana e di un parco rinomati per bellezza dell’impianto e ricchezza delle fioriture.

L’allestimento museale si articola su più piani e affronta il tema della vita contadina a partire da tutti gli aspetti legati al quotidiano: la famiglia, l’arredo domestico, la cucina, l’abbigliamento, per arrivare a tutte le attività destinate al sostentamento e alla produzione di reddito. L’esposizione abbina agli oggetti un ricco corredo iconografico che ne chiarisce contesto ed uso.

Il percorso si apre con ambienti domestici ricostruiti filologicamente: in primis il cuore della vita familiare, la cucina con il suo fogolâr, e la camera da letto con i pagliericci imbottiti con foglie di mais. Le ricostruzioni d’ambiente sono corredate dalle più svariate suppellettili, molte delle quali, ormai desuete, destano la curiosità dei visitatori.

Ambiti strettamente legati alla sfera della famiglia sono rappresentati dalla cura dell’infanzia e la preparazione degli alimenti. Destinate in parte all’autoconsumo e in parte alla produzione di reddito integrativo, specie “al femminile”, erano attività quali bachicoltura, filatura, tessitura, confezione di indumenti. Tra queste sezioni si distingue per ricchezza quella dedicata alla gelsibachicoltura, che espone le più svariate tipologie di bozzoli. Tra gli indumenti spiccano invece per bellezza la biancheria ricamata e gli scarpez, calzature femminili con la tomaia in velluto nero ricamato e la suola di tessuti trapuntati, elemento del costume tradizionale friulano che la moda ha negli ultimi anni riscoperto.

L’allevamento del bestiame nei suoi aspetti materiali e simbolici rappresenta un capitolo importante dell’allestimento museale, che affronta anche temi quali la fienagione, la mungitura e la lavorazione del latte, la macellazione e la lavorazione della carne, ma anche l’impiego degli animali quali mezzi di locomozione e trazione, tema legato strettamente a quello dei mezzi di trasporto, quali calessi e carri agricoli.

Innumerevoli attrezzi in mostra sono legati alla lavorazione della terra, in quanto l’agricoltura costituiva, nell’ambito delle attività produttive, la principale occupazione e fonte di reddito per le famiglie contadine. Agli attrezzi manuali, quali zappa, vanga e piccone, si affiancavano quelli trainati dai buoi, quali l’aratro, di diverse tipologie a seconda dell’uso, e l’erpice. Specifiche sezioni sono dedicate alla maiscoltura e alla vitivinicultura.

La sede - Palazzo Altan
Incorniciato da uno spettacolare giardino all'italiana, Palazzo Altan è stato edificato nel corso del Seicento sulle spoglie di un modesto edificio acquistato dalla famiglia dei Conti Altan a cui, nella seconda metà del Settecento, sono stati aggiunti la Torre Grimana e un oratorio neoclassico di recente costruzione. Delimitato da due barchesse e completato a est da un'esedra, presenta degli interni resi interessanti dai lacerti di pittura seicentesca attribuibili al pittore tedesco Anton Joseph, dagli stucchi ed affreschi che ornano la biblioteca settecentesca e, soprattutto, dal ciclo di affreschi a tema letterario che ornano il soffitto della camera da letto di Leandra Altan. Di proprietà della Provincia di Pordenone, attualmente il palazzo ospita il Museo della Vita Contadina “Diogene Penzi”.


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Museo dell'Emigrazione

room
Indirizzo
Piazza Plebiscito, 12 Cavasso Nuovo (Pn)
info
Descrizione
ORARI:
giovedì e venerdì dalle 10 alle 13

sabato e domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17
INRESSO GRATUITO

APERTURE STRAORDINARIE
Martedì 25 aprile 10 alle 13 e dalle 15 alle 17

Lunedì 1° maggio 10 alle 13 e dalle 15 alle 17
Venerdì 2 giugno 10 alle 13 e dalle 15 alle 17

DAL 1° APRILE 2022, PER ACCEDERE A MUSEI, PARCHI ARCHEOLOGICI, MOSTRE, ARCHIVI, BIBLIOTECHE E ALTRI LUOGHI DELLA CULTURA NON SARÀ PIÙ NECESSARIO IL GREEN PASS RAFFORZATO, NÉ QUELLO BASE. L'USO DELLA MASCHERINA E' CONSIGLIATO.

Per informazioni e prenotazioni:
@: didatticamusei.erpac@regione.fvg.it
Tel.: +39 348 1304726

Nel Friuli occidentale e nel Friuli in generale le vicende del recente passato sono strettamente legate all’emigrazione, un’esperienza che ha coinvolto praticamente ogni famiglia friulana. Di questo fenomeno imponente vuole dare testimonianza la Sezione “Lavoro ed emigrazione” del Museo della vita contadina “Diogene Penzi” di Cavasso Nuovo, piccolo borgo della pedemontana pordenonese. Inaugurata il 16 settembre 2000 nella sede del Palazzo Polcenigo-Fanna (conosciuto anche come Palazat), la struttura museale, tra le prime in Italia dedicate all’emigrazione, raccoglie circa 400 fotografie, documenti e oggetti, disposti in dodici sezioni che raccontano i molteplici aspetti del lâ pal mont (“andare per il mondo”) e presentano un quadro abbastanza completo dei flussi e delle mete migratorie dei lavoratori del Friuli occidentale. La partizione cronologica del percorso espositivo, curato da Javier P. Grossutti, è sorretta ed integrata dalla presentazione di alcune particolari tipologie migratorie come, ad esempio, quella legata alle diffuse professionalità e mestieri presenti nella zona alpina e prealpina friulane. Mosaicisti e terrazzieri, per citare solo un caso, furono nei paesi della pedemontana espressione di una tradizione lavorativa che in molti mercati esteri, dalla Francia agli Stati Uniti, dal Regno Unito, la Germania e l’Olanda all’Australia e al Sud Africa s’impose senza concorrenti. Anche altri mestieri, alcuni dei quali maturati per intero in emigrazione, come quello degli scalpellini e degli squadratori di traversine, offrirono occasioni di successo e riscatto.

Le cause e le modalità dei flussi, le reti migratorie, i canali informativi, i luoghi di partenza, il viaggio, i luoghi di arrivo, la vocazione imprenditoriale, l’incontro con il nuovo mondo, il rientro, l’emigrazione femminile e la gestione delle comunità all’estero sono alcune delle complesse tematiche che si snodano all’interno del percorso museale. Lettere, passaporti, avvisi di chiamata per l’estero, attestati, fotografie, diari, strumenti di lavoro riconducibili all’esperienza migratoria, manifesti, libri e documenti illustrano un flusso migratorio multiforme e variegato. Si tratta di materiali raccolti presso le famiglie residenti nel Friuli occidentale ed in altre regioni d’Italia, ma anche presso alcune comunità di friulani residenti all’estero. Importante fu anche l’apporto delle scuole, delle biblioteche comunali, delle associazioni culturali, dei gruppi informali e degli appassionati residenti nei diversi paesi friulani che hanno contribuito con materiali sull’argomento.

Una discreta attività di ricerca e l’organizzazione di una serie di incontri sull’emigrazione, la raccolta di materiale bibliografico e audiovisivo per la costituzione di una biblioteca e videoteca di settore, la realizzazione di una serie di seminari formativi sui flussi migratori rivolto agli insegnanti delle scuole, la promozione di conferenze e giornate di studio, l’avvio di una collana editoriale (‘Culture migranti’) che raccoglie le testimonianze di vita di emigrati friulani, la pubblicazione di un quaderno dedicato all’esperienza migratoria a Valeriano e Pinzano al Tagliamento (realizzata dagli alunni della scuola elementare locale), l’organizzazione infine di visite didattiche per scolaresche e per gruppi di emigrati residenti all’estero e nel resto d’Italia segnano i quasi vent’anni di vita della struttura museale. Una realtà espositiva che si prefigge di favorire un rapporto continuo con il territorio, di creare uno spazio privilegiato dove comunità friulana in patria e friulani e discendenti residenti all’estero possano incontrarsi, conoscersi e dialogare.

La nuova sala - Scuola di Disegno
La nuova sala del Museo è dedicata all’esposizione permanente di elaborati grafici e documenti relativi alla Scuola di Disegno di Cavasso, attiva dagli anni Venti agli anni Cinquanta.
Appartenute al maestro Ernesto Calligaro, le realizzazioni grafiche, le cosiddette “tavole”, sono la testimonianza del percorso formativo affrontato da tantissime persone per imparare le più svariate professioni, come quella del carpentiere, fabbro, muratore, mosaicista, terrazziere, piastrellista, squadratore di traversine, boscaiolo, norcino, coltellinaio e manovale.
Molte di queste professioni erano legate all’edilizia e avevano bisogno di un’istruzione professionale specifica. La capacità di leggere, interpretare e produrre un’elaborazione grafica, sia di decorazione che di geometria, di architettura oppure di meccanica, rappresentava la centralità rispetto alle varie materie di insegnamento nelle scuole di disegno, molto diffuse nel Friuli, soprattutto fra le due guerre.
Nella grande maggioranza dei casi, gli allievi della Scuola di Disegno andavano a svolgere la loro professione all’estero, dove la formazione da loro ricevuta facilitava l’inserimento lavorativo.
Il materiale grafico esposto, che evidenzia il sapiente utilizzo delle tecniche del disegno, deriva dalla selezione di una ben più ampia quantità di materiale raccolto a disposizione di ulteriori ricercatori.
Curatore scientifico della sezione è l’architetto Giampiero Calligaro, figlio del maestro Ernesto Calligaro e ordinatore dell’archivio. Il progetto dell’allestimento è degli architetti Giampiero Calligaro e Pierangelo Brandolisio.

La sede - Palazzo Polcenigo-Fanna
Pesantemente danneggiato dal terremoto del 1976, il Palazzo dei Conti Polcenigo-Fanna (edificato fra 1562 e 1594) presenta una struttura architettonica di imponenza tale da collocarlo a metà strada fra il palazzo e il castello. I lavori di restauro che si sono resi necessari hanno permesso il recupero di alcune stanze fra cui il salone al pianoterra dove sono tornati alla luce fregi richiamanti temi mitologici, trofei, nature morte e una serie di affreschi mitologici del XVIII secolo. Dal 2000 l'edificio, noto anche come Palazat, è divenuto sede dell'amministrazione municipale e del Museo dell'Emigrazione.

Accessibilità:
Il museo è accessibile ai disabili.
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